Da sempre considerato un lavoro per vecchi e per persone prive di specifiche abilità, il settore agricolo ha visto in realtà negli ultimi anni un boom occupazionale mai registrato prima. Ad interessarsi all’agricoltura sono sempre più i giovani che decidono di occupare le proprie risorse e le proprie conoscenze per rinnovare e soprattutto innovare il territorio. A confermarlo sono i dati delle iscrizioni ai corsi di laurea in scienze agrarie e forestali, in scienze alimentari e nei corsi di laurea relativi alla zootecnia e alle scienze della produzione animale e l’elevatissimo tasso occupazionale riportato dalle analisi del consorzio Almalaurea.
In Italia alla fine della seconda guerra mondiale il 60 per cento della popolazione era dedito all’agricoltura. Nei vent’anni del “miracolo economico” gli occupati nell’agricoltura sono passati dal 60 al 10 per cento e i posti perduti sono stati sostituiti con nuovi ruoli creati dall’industria. Ad oggi questo trend si sta invertendo e il futuro dell’agroalimentare si basa su una ampia base di giovani con forti competenze tecnologiche in grado di partire dell’agricoltura “tradizionale” per integrare le più recenti innovazioni tecnologiche.
Sebbene si occupi solo marginalmente di agricoltura, nel suo recente libro “Il lavoro del futuro“, Luca De Biase evidenzia alcuni elementi di forte cambiamento che hanno attuazione anche in agricoltura: “Le skills specialistiche richieste <scrive De Biase> si sommano a soft skill sempre più necessarie. Di conseguenza il sistema educativo assume nuovi ruoli e non si configura più soltanto come l’insieme delle istituzioni formative”.
La diretta conseguenza di tutto questo è la nascita di nuove figure professionali legate all’agricoltura intesa non più come mera coltivazione della terra. Come indicato dalla Coldiretti, “l’Italia con 53.475 imprese agricole italiane condotte da under 35 è al vertice in Europa nel numero di giovani in agricoltura, con un aumento del 9% nel terzo trimestre 2017. (…) La presenza degli under 35 ha di fatto rivoluzionato il lavoro in campagna dove il 70 per cento delle imprese giovani opera in attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili”.
Grazie all’introduzione di molti giovani competenti e abituati ad utilizzare strumenti informatici, si può sicuramente ipotizzare nel prossimo futuro un approccio favorevole nei confronti dell’automazione in agricoltura. Questa trasformazione può tradursi in una opportunità di efficienza in cui l’agricoltore non è più colui che, armato di paletta e germogli, va a seminare frutta e verdura per i campi seme dopo seme, ma è un professionista che lavora in filiere dell’alimentazione tecnologicamente modernizzate e connotate da un forte valore culturale.