Materie prime, innovazione ed economia circolare: quali strategie per pensare al pianeta del futuro?

Un recente articolo dei ricercatori Elsa A. Olivetti e Jonathan M. Cullen, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Science con il titolo “Toward a sustainable materials system“, ha cercato di fare il punto sullo sfruttamento delle risorse naturali.

Secondo quanto indicato nell’articolo, l’utilizzo di risorse naturali nel 2017 è stato pari a 90 miliardi di tonnellate di materie estratte con un incremento preoccupante rispetto ai 40 miliardi di tonnellate del 2010 e con una previsione di raggiungere i 200 miliardi di tonnellate nel 2050. Volendo fare un paragone con quanto accaduto nel passato, nel solo 2017 abbiamo estratto più risorse di quanto ne sono state prelevate dall’umanità tra il 700 e il 1900.

I processi estrattivi e il successivo utilizzo delle materie prime hanno avuto impatti significativi sugli ecosistemi con effetti negativi anche sul benessere stesso dell’umanità, motivo per cui diventa necessario non solo ottimizzare i processi produttivi al fine di ridurre le risorse sprecate e i rifiuti generati, ma anche integrare quanto più possibile processi di recupero dei rifiuti per una loro successiva valorizzazione.

Quest’ultimo obiettivo non è però raggiungibile ricorrendo solamente alla green economy (un modello economico che nasce da un’analisi dove, oltre ai benefici del profitto di una certa produzione, si prende anche in considerazione l’impatto ambientale della produzione stessa), ma serve avere precise strategie di economia circolare, un sistema basato sul recupero dei materiali con lo scopo di realizzare altri prodotti. In questo modo la vita di un oggetto non è destinata a concludersi quando lo buttiamo via, ma può proseguire in altre forme. L’economia circolare si contrappone quindi a quella lineare, basata sull’utilizzo di materie prime sempre nuove che si trasformano in scarti una volta consumate (come ben illustrato da Luca Mercalli nel video sottostante)

L’agricoltura è uno degli ambiti che meglio si presta ad adottare strategie green  e di economia circolare, come ben dimostrano alcuni progetti sia stranieri, che italiani, tra cui ad esempio il progetto di ricerca Valoribio (di cui su questo blog avevamo parlato qui).

Sul terreno della green economy l’agricoltura è il settore che prima e meglio di qualunque altro ha saputo intraprendere nuovi percorsi e nuove sfide innovative. (Maria Letizia Gardoni, Coldiretti Giovane Impresa)

L’agricoltura può infatti mirare a divenire più sostenibile integrando le risorse naturali locali e i processi biologici per ripristinare e migliorare la fertilità del suolo, favorire un uso più efficiente dell’acqua, aumentare la biodiversità delle colture e del patrimonio zootecnico, ridurre l’uso della chimica per la gestione di parassiti e infestanti e promuovere l’occupazione all’interno di aziende agricole di piccola scala.

Non mancano quindi gli strumenti capaci di rendere l’agricoltura sempre più smart e sostenibile, grazie a macchinari e attrezzature tecnologicamente avanzati, ma è decisamente ancora carente la loro diffusione. Oggi l’agricoltura di precisione è adottata infatti solamente sull’1% della superficie agricola complessiva del nostro Paese. Come suggerito da Patrizia Marcellini, Coordinatrice Settore Agricolo e Servizi dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari:

Non teniamo il passo con gli Usa, che ne è il maggiore utilizzatore, ma anche di altri paesi europei come Germania e Francia. Occorre lavorare insieme per incentivare l’agricoltura di precisione, affrontandola in un’ottica di aggregazione, stimolando anche la politica a stanziare fondi specifici per la sua implementazione, al fine di raggiungere l’obiettivo che il Ministero si è dato nelle Linee guide per lo sviluppo dell’agricoltura di precisione del 2016, ossia di arrivare al 10% della superficie agricola nel 2021.

Serve quindi una nuova progettualità (anche politica), ma in parallelo è utile ricordare che agricoltura 4.0 non vuol dire solo grandi macchinari avanzati (e costosi), ma anche soluzioni di piccola scala, utili per facilitare il grado di automazione e favorire l’interconnessione tra campi, professionisti e consumatori senza la necessità di fare grandi investimenti economici. Soluzioni di piccola scala possono infatti risultare più facilmente acquisibili da parte delle tante aziende agricole di piccole e medie dimensioni che rappresentano una parte rilevante del sistema produttivo nazionale.

 

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