Funghi Espresso, la startup italiana che coltiva funghi grazie ai fondi di caffé

Io amo smodatamente il caffè e generalmente butto via i fondi dalla caffettiera. Per un po’ di tempo li ho conservati per ammendare il terriccio di gerani e altre piante acidofile (tra cui azalee, ortensie, rododendri e camelie), poi ho smesso perché leggendo il bellissimo libro “Mai dire bonsai” di Eugenio Melotti ho iniziato ad avere grandi dubbi sul fatto che fosse una operazione realmente utile:

Già che ci siamo, dobbiamo dirle le cose come stanno, a costo di sembrarle ingrati. Detestiamo il caffè. Ci sono in commercio quei deliziosi cocktail pensati solo per noi, perché non ce li offre, almeno di tanto in tanto? I fondi di caffè, per piacere, li getti nel cestino, oppure li dia a quelle acidofile delle azalee o ai rododendri. (…). In ogni caso il caffè non è certo un buon concime (..).

Scopro ora che in realtà ho sbagliato: esiste infatti un modo alternativo per utilizzarli ovvero usarli per coltivare funghi (da mangiare!). L’idea è venuta a due giovani trentenni italiani, Antonio Di Giovanni e Vincenzo Sangiovanni, che hanno fondato la startup Funghi Espresso: il loro scopo è quello di ridurre gli sprechi e mettere le persone nelle condizioni di coltivare, in casa propria, funghi commestibili grazie ai fondi di caffè.  L’idea non è affatto male se si pensa che in Italia esistono più di 100.000 bar che producono ogni anno oltre 300.000 tonnellate di fondi di caffè…. perché non trasformarli in qualcosa di diverso?

Antonio Di Giovanni (laureato in Agraria), e Vincenzo Sangiovanni (laureato in Architettura) hanno iniziato vendendo nei mercatini i funghi che ottenevano dai fondi di caffè, prelevati gratuitamente dai locali. Oggi che la loro startup, fondata nel 2013, è cresciuta, possono offrire al cliente un prodotto più completo: un kit, acquistabile online, con un substrato già pronto, il cui scopo è quello di permettere a chiunque voglia di prodursi i funghi direttamente a casa. Le varietà che si ottengono sono di tre tipi: Pleurotus ostreatus, Pleurotus djamor e Pleurotus cornucopiae.

Per fare un tavolo, ci vuole il legno. Per fare un fungo, ci vuole il caffè. Non ci credete? Gustatevi la storia di Funghi Espresso, la geniale start-up nata dall’intuizione. Giulia Diamanti, Storie di Economia circolare

Da start up, Funghi Espresso è diventata oggi un’azienda agricola, che ha fatto dell’economia circolare il suo credo tanto da arrivare a partecipare a Expo 2015. Ciò che un tempo era definito uno scarto, oggi può essere una risorsa. Il fondo di caffè, ad esempio, è un substrato perfetto per coltivare i funghi, perché contiene minerali e sostanze nutritive. Inoltre, il sistema di coltivazione verticale in supporti appesi, in alternativa a quello tradizionale che sfrutta il suolo, ne dimezza di fatto lo spazio. Il risultato è la copiosa crescita di funghi carnosi e di grandi dimensioni del genere Pleurotos.

L’ulteriore aspetto interessante è che, terminata la fase produttiva, si può riciclare anche il substrato esausto da cui sono nati i funghi. Questo poi torna al suolo come compost e, trasformato dai lombrichi in humus, diventa un ottimo ammendante organico per le piante, seguendo un perfetto circolo virtuoso.

“Vogliamo dimostrare alle persone che davvero possiamo produrre meno rifiuti. Da quello che era considerato solo uno scarto, noi facciamo nascere nuova vita, creiamo un prodotto alimentare, qualcosa di buono. Chi dice di evitare gli sprechi spesso si riempie soltanto la bocca di belle parole: noi vogliamo passare ai fatti. Dimostriamo che produrre meno rifiuti si può e lo facciamo vedere entrando nelle case della gente, veicolando un messaggio, che è alla portata di tutti”.

Non ci credete? Ecco alcuni video per documentarvi (oppure andate sul loro blog se preferite) e mi raccomando.. smettetela di buttare i fondi del caffè!

Il fondo di caffè non ha bisogno di essere pastorizzato, con un notevole risparmio di energia. E dopo l’uso torna al suolo come compost!

“Lo scarto derivato dalla coltivazione dei funghi viene utilizzato sia per il compostaggio ma soprattutto per la lombricoltura: il risultato finale è che, dal nostro scarto, riusciamo ad ottenere humus di lombrico e lombrichi, che possiamo riutilizzare in diversi modi e sul quale stiamo studiando diversi progetti”.

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