Nel corso degli ultimi anni è divenuto sempre più ricorrente l’utilizzo di droni dotati di uno specifico sensore in grado di misurare a distanza lo stato di salute di una pianta. In particolare questi droni sono in grado di analizzare il rapporto fra la riflettanza, cioè le onde elettromagnetiche riflesse dalla pianta, e la radiazione (solare) incidente di particolari lunghezze d’onda (in particolare del vicino infrarosso o NIR).
Le lunghezze d’onda sono scelte fra quelle alle quali la clorofilla reagisce in modo tale da rilevare informazioni sull’attività fotosintetica. Quando questa è elevata (in proporzione alla disponibilità di luce) si desume che la pianta sia sana e posta nelle condizioni di vegetare, viceversa può esserci un problema per cui la pianta è morta oppure in condizione di stress.
Le cause di una ridotta attività fotosintetica possono essere molte: la più comune d’estate è una carenza d’acqua che impedisce alla pianta di aprire gli stomi e raccogliere dall’atmosfera l’anidride carbonica necessaria alla fotosintesi; oppure una carenza di azoto, che non permette di sviluppare enzimi necessari alla fotosintesi, o un attacco parassitario che altera l’intero metabolismo della pianta.
Questi sensori, sebbene molto interessanti, forniscono però un dato indiretto sullo stato di salute delle piante e possono avere alcuni problemi di utilizzo e di sensibilità (oltre al fatto di essere costosi), per cui è molto interessante lo sviluppo, in atto in diversi laboratorio, di sensori in grado di lavorare in vivo, in loco e in real time per misurare lo stato di salute delle piante. In particolare, sono stati sviluppati sensori basati su filamenti biocompatibili che possono assorbire i fluidi dai tessuti vegetali (la linfa) misurandone alcuni parametri e funzionare quindi come veri e propri transistor elettrochimici organici.
Tra le diverse soluzioni proposte, è molto interessante il sensore bioristor, sviluppato dal gruppo di ricerca del professor Andrea Zappettini, la cui struttura è stata illustrata sulla rivisita scientifica Scientific Reports. Il sensore, costituito da uno speciale filamento di cotone rivestito da un polimero conduttivo, è in grado di misurare i flussi ionici e le loro variazioni nella linfa della pianta nel corso della giornata fornendo i dati in modo continuo all’operatore per diversi mesi dal momento dell’inserimento nel fusto della pianta.
“La quantità di linfa trasportata nei vasi delle piante è altamente variabile a seconda delle necessità e delle condizioni in cui si trova. Il transistor elettrochimico organico che abbiamo sviluppato, ribattezzato bioristor, viene inserito nel fusto ed è in grado di monitorare la composizione e il cambiamento della linfa. Andrea Zappettini
L’inserimento di questo sensore non comporta alterazioni nello stato di salute della pianta, che ripara celermente la ferita che è stata arrecata per inserire il sensore. Questo significa che bioristor può permanere per molto tempo nella pianta monitorandone direttamente lo stato di salute e di attività della pianta (tanto che il sensore distingue chiaramente le differenze legate al ciclo giorno/notte e ai ritmi circadiani).
L’aspetto più interessante è che questo sensore è a basso basso costo (rispetto ad esempio ai droni), è di facile utilizzo e fornisce un dato diretto relativo allo stato di salute di una pianta, per cui può essere ipotizzabile di applicarne uno a qualche pianta per ettaro per monitorarne lo stato vegetativo per capire quando le piante, ad esempio, sono in carenza di acqua (stress idrico) oppure hanno carenze nutritive. Questo significa che l’agricoltore, in periodi di ridotta disponibilità di acqua (come avvenuto ad esempio nell’estate del 2017), può irrigare le piante gestendone lo stato di stress idrico limitando quindi l’uso di acqua senza però compromettere la produzione.
Per chi volesse approfondire, un articolo molto interessante è “Electronic Plants”, pubblicato sulla rivista Science Advances. Sebbene risalga al 2015, è ancora oggi un ottimo testo introduttivo.