La sfida della sostenibilità per l’agricoltura del futuro

Nel 2017 è stato pubblicato il risultato di un monitoraggio della biodiversità presente in 63 aree protette tedesche. Come mostrato dai ricercatori dell’Università Radboud e della Società Entomologica di Krefeld, in appena 28 anni la biomassa degli insetti volanti è crollata del 76%, raggiungendo picchi dell’82% nei campionamenti estivi. Il declino (riconducibile ad una perdita media del 2.8% su base annuale) non ha risparmiato nessuno degli habitat considerati, che comprendevano paludi, aree peri-urbane, dune di sabbia e terreni arbustivi.

Il quadro che ne emerge è decisamente preoccupante se si considera che gli insetti costituiscono circa due terzi della biodiversità terrestre e sono parte di numerose catene trofiche a suggerire che sia in atto un cambiamento di enorme portata, che avrà ricadute su numerosi ecosistemi. Come scriveva il noto biologo americano Edward O. Wilson in un saggio del 1987: gli insetti sono quelle piccole cose che fanno funzionare il mondo.

Sebbene i dati pubblicati relativi alla perdita di biodiversità in Germania abbiamo avuto (meritatamente!) grande attenzione, non rappresentano tuttavia una vera novità nel panorama scientifico. Come infatti evidenziato in una recente meta-analisi, condotta dai ricercatori Francisco Sanchez-Bayo e Kris Wyckhuys, vi sono in realtà almeno altri 70 studi scientifici, che indicano un declino preoccupante degli insetti nell’arco degli ultimi 40 anni e in particolare di Lepidotteri, Imenotteri e Coleotteri, che risultano gli ordini più colpiti. Nel complesso, è stato stimato che nei prossimi decenni potremmo perdere sino al 40% delle specie di insetti oggi presenti con un tasso di estinzione stimato per gli insetti doppio rispetto a quello misurato per i vertebrati.

Un ulteriore elemento di interesse è legato al fatto che se si analizzano i dati a livello di specie, si osserva che la perdita di biodiversità riguarda primariamente insetti specialisti fortemente dipendenti da specifici ambienti/habitat, ma si osservano tassi di perdita notevoli anche a carico di specie generaliste. Potrebbero quindi innescarsi cambiamenti profondi nella struttura delle catene trofiche, per cui alla riduzione della numerosità degli insetti farà sicuramente seguito la perdita di biodiversità di altri taxa, tra cui uccelli, rettili e anfibi, oltre al fatto che potrebbero essere colpiti numerosi servizi ecosistemici legati sia all’impollinazione che alla degradazione di diversi materiali organici.

L’analisi di Sanchez-Bayo e Kris Wyckhuys ha anche valutato le principali cause del declino osservato e, se da un lato emerge come la tutela della biodiversità sia percorribile solamente agendo su molteplici fattori, dall’altro appare evidente l’enorme impatto che l’agricoltura intensiva ha sul declino degli insetti sia in modo diretto (a seguito della modificazione dell’ambiente) che come conseguenza dell’uso di pesticidi e fertilizzanti. A questo si deve aggiungere la perdita di habitat e la loro frammentazione, che derivano sia dall’urbanizzazione che dalla deforestazione e dall’inquinamento. In modo sorprendente, solamente nel 5% dei casi considerati il riscaldamento globale è la principale causa di estinzione degli insetti. Nel complesso quindi il quadro che emerge vede l’agricoltura intensiva come la principale causa di estinzione degli insetti, tanto che numerosi ricercatori hanno identificato la produzione alimentare come l’ambito su cui si dovrebbero concentrare primariamente i nostri sforzi per evitare ulteriori danni alla biodiversità.

Tutta colpa dell’agricoltura intensiva quindi? La risposta più facile potrebbe essere ovviamente sì, ma sarebbe però una risposta non corretta. Come ben suggerisce Antonio Saltini nella sua serie di volumi dedicati alla storia delle scienze agrarie, l’agricoltura ha cambiato in modo spettacolare la storia dell’uomo, ma costituisce il più cospicuo e irreversibile danno ambientale che l’uomo abbia sinora prodotto. Tutte le forme di agricoltura prevedono il ricorso a sostanze per combattere gli insetti fitofagi e non esiste una agricoltura completamente naturale in cui le piante siano lasciate in balia degli insetti fitofagi o di specie vettori di fitopatogeni. L’agricoltura cambia indubbiamente la tipologia di piante presenti in un luogo e influenza la biodiversità, ma non possiamo non considerare le numerose e nuove sfide che l’agricoltura moderna si trova ad affrontare. Secondo quanto riportato da numerosi modelli, il riscaldamento globale comporterà un sensibile aumento dei raccolti persi a causa di insetti fitofagi. Secondo quanto riportato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington le perdite globali di raccolto per mais, grano e riso aumenteranno dal 10 al 25% per ogni grado di riscaldamento globale della superficie, con il calo più marcato nelle aree agricole più produttive al pianeta, come Stati Uniti, Francia e Cina. Le variazioni climatiche permetteranno infatti a molti insetti dannosi non solo maggiori tassi di riproduzione, ma anche una più abbondante e diffusa presenza, tanto che servirà valutare con attenzione come conseguirne il controllo in campo senza arrecare ulteriori danni anche ad insetti utili (quali gli impollinatori) già in grande difficoltà. La conservazione dell’entomofauna è indubbiamente fondamentale, ma questo obiettivo deve essere integrato in un quadro più ampio di innovazione in agricoltura che necessita di regolamentazioni chiare oltre che di sostegno economico e di adeguati investimenti in termini di ricerca al fine di porre l’obiettivo della sostenibilità ambientale tra quelli di assoluta priorità.

In Italia siamo intrappolati in una narrazione dell’agricoltura e del cibo che non corrisponde a verità. Il consumatore chiede innovazione in ogni campo: dalla medicina al digitale, dalle automobili all’entertainment. Ma quando si tratta di cibo e agricoltura no: lì la narrazione della tradizione prende il sopravvento e, sfruttando paure e sospetti, detta l’agenda per la comunicazione e il marketing dell’intero settore. Eppure, a ben guardare, la tradizione agricola italiana è una storia di continue innovazioni. (Deborah Piovan, Fonte: Strade)

 

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