Agricoltori buoni e cattivi

Il 15 aprile 2019 si è svolta l’inaugurazione del 212° Anno Accademico dell’Accademia Nazionale di Agricoltura. Dopo i saluti istituzionali di Stefano Bonaccini (Presidente Regione Emilia-Romagna), Davide Conte (Assessore Bilancio Comune di Bologna) e Antonino Rotolo (Prorettore alla Ricerca Università di Bologna) è intervenuta la senatrice Elena Cattaneo, docente a Milano e presso l’Istituto nazionale di genetica molecolare, che ha tenuto la prolusione dal titolo “La sfida della genetica, dalla cura all’agricoltura”. La prolusione della senatrice Cattaneo è stata preceduta dalla Relazione Accademica dal titolo “La ricerca scientifica alla base della vita: il contributo delle scienze agrarie” tenuta dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente Accademia Nazionale di Agricoltura.

L’analisi della Cattaneo si è focalizzata sul ruolo della scienza nella nostra società e sulla forza della scienza quando è messa al servizio della società. La scienza ha permesso di rendere più longeva la nostra specie e di fronteggiare molti dei patogeni e delle patologie con cui quotidianamente possiamo venire a contatto. Purtroppo però in numerosi ambiti, tra cui anche quello dell’agricoltura, la scienza non viene realmente ascoltata e alla scienza si preferiscono approcci empirici di dubbio valore. La diffidenza verso la scienza ha portato ad esempio a una dannosa e faziosa divisione tra agricoltori buoni e cattivi:

«Fino alla fine degli anni ’90 l’Italia era all’avanguardia della ricerca in biotecnologie e genetica applicate alle piante. Sapevamo come salvare il mais dalle fumonisine, le mele dalla ticchiolatura, il pomodoro dai virus, varie piante dall’aggressione di funghi, addirittura aumentando la produzione ed eliminando i semi e con questi il timore della diffusione di alcuni tipi di piante OGM. Poi tutto è andato letteralmente in fumo. Da allora, nonostante i numeri raccontino di un Paese dipendente dall’estero per le principali commodities e di una bilancia agroalimentare sempre più in affanno, la politica si è comportata come uno struzzo non volendo più né vedere né sentire le prove della scienza e, anzi, incoraggiando una narrazione romantico-bucolica del “ritorno alla madre terra e alla natura” che ha classificato gli agricoltori in buoni (chi pratica l’agricoltura biologica e biodinamica) e “cattivi” (chi utilizza metodi integrati), dipinti come avvelenatori che, incuranti della “Natura”, hanno “inquinato l’economia e il pianeta».

Oggi abbiamo a disposizione nuove tecnologie per conseguire la manipolazione mirata del genoma di animali, piante e batteri e queste metodiche avrebbero enormi ricadute in agricoltura, ma verso queste tecnologie si è avuta la più grande levata di scudi, nutrita dalla diffidenza verso la scienza, di cui si abbia memoria.

Grazie a queste nuove tecnologie potremmo essere più efficienti nel proteggere le nostre piante dai virus e dai batteri e anche nel produrre più cibo e fare in modo che sia sicuro e accessibile. Queste conquiste della scienza hanno rivoluzionato alcune branche della medicina, permesso di evitare sofferenze e di salvare vite. Nessuno, o quasi, in tema di tecnologie genomiche per la cura e prevenzione di malattie dell’uomo ha mai coltivato dubbi, frapposto limitazioni artificiose alla ricerca e all’accesso alle conquiste nel settore, perché impedirne l’applicazione in agricoltura?

Relazione Accademica Prof. Giorgio Cantelli Forti, “La ricerca scientifica alla base della vita: il contributo delle scienze agrarie”

Prolusione Senatrice Cattaneo, “La sfida della genetica, dalla cura all’agricoltura”:

 

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