Nel corso degli ultimi anni un numero crescente di scienziati ha cercato di valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità animale e vegetale, oltre che sulla produzione alimentare. Il volume della rivista Nature Reviews Microbiology pubblicato il 18 giugno contiene invece un interessante articolo dal titolo “Scientists’ warning to humanity: microorganisms and climate change” in cui un team internazionale composto da 30 microbiologi invita la comunità scientifica, e più in generale la società, a prendere in seria considerazione sia gli effetti che i cambiamenti climatici avranno sui batteri (inclusi quelli che usiamo per diversi servizi ecosistemici) che il ruolo che i batteri possono avere nel favorire e/o mitigare il riscaldamento globale.
“(…) the microscopic majority can no longer be the unseen elephant in the room. Unless we appreciate the importance of microbial processes, we fundamentally limit our understanding of Earth’s biosphere and response to climate change and thus jeopardize efforts to create an environmentally sustainable future” (Rick Cavicchioli, Università di Sydney)
Pur essendo nota la rilevanza che i batteri hanno nel ciclo dell’azoto e del carbonio, oltre che in moltissime altre funzioni (si pensi ad esempio all’importanza del microbiota del suolo per le piante) pochissimi studi stanno considerando gli effetti dei cambiamenti climatici sulla composizione delle comunità microbiche in acqua e suolo (si veda la figura sottostante ripresa dall’articolo di Cavicchioli et al. 2019 per un riassunto schematico). Pochissimi studi, ad esempio, hanno valutato gli effetti dell’acidificazione degli oceani sul microbioma marino, così come scarsi sono i dati sugli effetti dei cambiamenti climatici sul microbiota dei suoli oggi usati per la crescita di piante, che dipendono dai batteri per diverse funzioni.
In modo analogo i cambiamenti climatici potranno favorire in modo diretto e indiretto la diffusione di patogeni umani (tra cui in particolare vibrioni e salmonelle), ma non solo (come illustrato dalla figura sottostante ripresa dall’articolo di Cavicchioli et al. 2019). E’ inoltre ipotizzabile che all’aumento delle temperature medie possa fare seguito una replicazione più veloce di alcuni batteri, che potrebbero “scambiarsi” geni per la resistenza ad antimicrobici, tanto che è già stato suggerito che il riscaldamento globale potrebbe portare ad un aumento compreso tra il 2 e il 4 % dei ceppi di Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae e Staphylococcus aureus resistenti ad antibiotici, con resistenze aumentate sino al 10% per alcuni antibiotici molto comuni.
Nell’immaginario collettivo i batteri sono spesso indissolubilmente legati alle infezioni e quindi all’insorgenza di malattie. Nel corso degli ultimi decenni, i numerosi dati che si sono accumulati studiando le simbiosi hanno contribuito a rivedere questa visione ed ora Cavicchioli e colleghi suggeriscono di non dimenticare che i batteri sono i veri e propri motori della vita in quanto sono alla base di numerosi cicli biogeochimici fondamentali per far circolare a livello planetario molecole necessarie alla vita.
“Uno dei paradossi della biologia <scrive Paul G. Falkowski, professore alla Rutgers University nel saggio “I motori della vita”> è dato dal fatto che i microbi, i più antichi organismi autoreplicanti presenti sulla terra, ignorati dall’uomo per millenni, sono stati scoperti solo in tempi recentissimi. Questa svista è in larga parte il frutto dei nostri limiti osservativi: di fatto tendiamo a ignorare ciò che non possiamo vedere”. Un suggerimento analogo viene dal gruppo di microbiologi coordinato da Cavicchioli che nel loro Consensus Statement invitano tutti a tenere nella giusta considerazione i legami tra microrganismi, organismi macroscopici e cambiamenti climatici e a studiare questa “microscopica maggioranza” per comprendere appieno la portata dei cambiamenti climatici e definire strategie adeguate di mitigazione.
Citazione:
Cavicchioli, R. et al. Scientists’ warning to humanity: microorganisms and climate change. Nature Reviews Microbiology (2019). DOI: 10.1038/s41579-019-0222-5.