La Federazione Italiana Scienze della Vita (FISV) ha trasmesso ai componenti della Commissione Agricoltura e Produzione Agroalimentare del Senato un interessante documento dal titolo “Genome editing per l’agricoltura italiana – Esempi di progetti in corso”, redatto dalla FISV al fine di sollecitare i legislatori italiani a varare una normativa che permetta l’utilizzo delle più recenti metodiche di editing del genoma a livello italiano.
Purtroppo, infatti, la normativa vigente si basa su presupposti decisamente superati e non tiene conto degli sviluppi scientifici della genetica applicata all’agricoltura che si sono registrati negli ultimi anni, tra cui ad esempio (ma non solo!) il genome editing.
Il documento riporta diversi esempi applicativi per mostrare in che modo l’editing genetico può servire.
“A livello globale i progetti si possono dividere in svariati i filoni di ricerca, tenendo presente che le tecnologie sono in rapida evoluzione e dunque è possibile che le applicazioni aumenteranno: 1. Introduzione di caratteristiche favorevoli presenti in alcune varietà coltivate, ad es. la maggiore conservabilità dei prodotti o la resistenza ai parassiti, ma assenti in altre varietà tradizionali molto apprezzate per altre caratteristiche. Questo permette di evitare due problemi del miglioramento genetico classico tramite incroci: i tempi lunghi e/o la perdita dell’identità genetica delle varietà tradizionali. 2. Eliminazione di caratteristiche negative per la produzione o per l’alimentazione ma difficili o impossibili da eliminare tramite miglioramento genetico classico, ad esempio l’allergenicità. 3.Neo-domesticazione. Con questo termine si indica l’Introduzione, in specie selvatiche, di mutazioni caratteristiche delle piante coltivate, che determinano, ad esempio, l’aumento della grandezza e del numero dei frutti, o la ritenzione dei semi maturi nella spiga. In tal modo specie selvatiche possono diventare economicamente coltivabili e aumentare la biodiversità coltivata fornendo prodotti con caratteristiche migliori per sapore, contenuto di sostanze nutritive, tolleranza a condizioni ambientali avverse, resistenza a particolari patogeni, ecc. 4. Rewilding delle specie coltivate. Consiste nella reintroduzione nelle piante coltivate di caratteri che sono andati persi durante la storia del miglioramento genetico, in particolare la tolleranza a stress ambientali. Sostanzialmente, si tratta del reciproco della neodomesticazione. Utilizzando le informazioni sui geni e le mutazioni coinvolte nell’espressione di questi caratteri nelle specie selvatiche imparentate, il genome editing consente di reintrodurre nelle specie coltivate, rapidamente e in maniera mirata, i caratteri di rusticità desiderati, preservando le caratteristiche utili per la coltivazione. Ciò è particolarmente importante in uno scenario di rapidi cambiamenti climatici, con conseguente comparsa di nuovi stress per le colture tradizionali”.