I geni si trasferiscono tra specie… non solo negli OGM

Nei giorni scorsi ho letto l’articolo dal titolo “I dubbi sugli OGM in agricoltura” pubblicato da Salvatore Ceccarelli sul Corriere della Sera.

Al di là delle considerazioni generali sul fatto che tutti gli organismi evolvono forme di resistenza a qualsiasi tipo di trattamento (anche se basato su molecole non di sintesi chimica), mi ha colpito il ricorrente affermare che negli OGM sono presenti spesso geni di origine batterica e “si tratta quindi di un processo che in natura non potrebbe avvenire”. Ma chi lo ha detto?

Io da circa 20 anni lavoro con gli afidi, quelli che mia nonna chiamava i pidocchi delle piante e che sicuramente avrete incontrato sulle vostre rose. Gli afidi, a differenza delle stragrande maggioranza degli animali, sono in grado di produrre carotenoidi e riescono a produrli grazie al fatto di avere acquisito i geni necessari (probabilmente da un fungo) nel corso della loro evoluzione. Sarà sicuramente un’eccezione diranno alcuni di voi!!

Non proprio, gli stessi geni sono stati trasferiti in modo del tutto indipendente da quanto osservato negli afidi anche nel ragnetto rosso (un acaro molto noto in agricoltura, che scientificamente è denominato Tetranychus urticae) e anche in questo caso da un fungo.

Sebbene la famigerata fragola-pesce (l’organismo geneticamente modificato più citato a dispetto della sua non esistenza!!) abbia fatto credere che scienziati perversi fanno in laboratorio incroci strani, nessuno, immagino, crederà che afidi e acari si sono incrociati con un fungo. E quindi?

Questi sono esempi di trasferimento genico laterale/orizzontale che per definizione identifica il passaggio di geni tra specie diverse. “Saranno sicuramente eccezioni” continueranno a dire alcuni di voi!! Peccato che nel ragnetto rosso vi siano decine di altri geni arrivati da funghi e batteri, tanto che per questa specie si parla espressamente di trasferimento genico massivo.

Ok, però sarà accaduto solo in questi due casi.. o no? Effettivamente anche in un noto parassita delle piante di caffè (il coleottero Hypothenemus hampei) c’è stato il trasferimento di un gene da un batterio che permette a questo insetto di crescere, senza danni, su piante di caffè. Per altro, la specie affine Hypothenemus obscurus, che non vive su piante di caffè, non presenta affatto questo gene ad indicare che è un evento che ha avuto anche un enorme effetto adattativo.

Lo stesso vale per il simbionte batterico Wolbachia, che ha trasferito numerosi geni in più occasioni e verso molti invertebrati e se state pensando “ok, ma saranno uno o pochi  geni”, nel genoma dell’insetto Drosophila ananassae trovate una copia completa del genoma di Wolbachia.

In letteratura scientifica potete trovare altre decine di casi analoghi a quelli da me elencati (per altro anche nell’uomo e nelle piante) ad indicare che il trasferimento laterale/orizzontale è avvenuto molte volte e anzi, considerato il modo in cui i genomi eucariotici sono analizzati per eliminare eventuali contaminazioni batteriche generatesi in laboratorio, è molto probabile che oggi si abbia una percezione fortemente sottostimata della portata di tale trasferimento di geni. Molto probabilmente ciò che noi vediamo è solamente la punta dell’iceberg, di un fenomeno molto più ricorrente, altro che un evento “che in natura non potrebbe avvenire”.

 

 

 

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