Il giornalista americano Rowan Moore Gerety ha pubblicato sulla rivista MIT Technology Review un interessante articolo dal titolo “How technology might finally start telling farmers things they didn’t already know” in cui sono descritte, in modo decisamente critico, le potenzialità degli agribot in campo.
Immaginate di avere un campo in cui volete coltivare ortaggi, scrive Moore Gerety, ogni anno dovete spianarlo, ararlo (se necessario), seminarlo, irrigarlo e fare trattamenti con insetticidi, fertilizzanti ed erbicidi per arrivare a fine stagione ad essere pronti per la faticosa fase di raccolta. Nei campi oggetti delle sperimentazione della startup FarmWise, la maggior parte di queste operazione può già essere svolta da robot in fase di “allenamento” e in un futuro prossimo probabilmente tutte le fasi potranno essere svolte in campo da agribot monitorati da remoto.
In this field, and many others like it, the ground had been prepared by a machine, the seedlings transplanted by a machine, and the pesticides and fertilizers applied by a machine. Irrigation crews still laid sprinkler pipe manually, and farmworkers would harvest this cauliflower crop when the time came, but it isn’t a stretch to think that one day, no person will ever lay a hand to the ground around these seedlings.
L’Autore dell’articolo è decisamente critico in merito ai tempi di sviluppo perchè ci sono evidenti ritardi nella commercializzazione di agribot che siano realmente in grado di fare quanto promesso in questi anni. Siamo sicuramente ancora in una fase in cui gli agribot devono essere calibrati e testati sul campo per svolgere le diverse operazioni e certamente non sarà facile passare dalle prove di serra a quelle di campo. Molti dei sistemi robotizzati in commercio richiedono ambienti di lavoro strutturati seguendo specifiche necessità, tanto che sono pensati più per serre che per campi aperti. Altri richiedono che i frutteti siano gestiti così che le piante abbiano altezze e distanze ben precise, per cui continueremo senza dubbio ad avere tanti agricoltori nei campi.
Infine è importante valutare gli aspetti economici perché, molti agribot oggi disponibili sono costosi, per cui saranno adottati solo in filiere redditizie in cui l’investimento potrà effettivamente essere bilanciato dal ritorno legato alla loro efficienza lavorativa. Su questo fronte però, anche a traino di altre industrie, si registrano riduzioni interessanti nei prezzi della componentistica necessaria per gli agribot, per cui il fattore prezzo potrebbe essere nel futuro meno limitante di quando non accada ora.
One day soon, someone will make a lot of money following a computer’s advice about how high to price lettuce, or when to spray for a novel pest, or which fields to harvest and which ones to abandon. When that happens, these farmers want to be the first to know.
Tutte promesse e nessuna sostanza? Secondo l’Autore c’è motivo per essere pessimisti… io personalmente non la vedo così. Certamente ci sono ritardi tuttavia serve ricordare che gli agribot all’avanguardia non si limitano semplicemente ad automatizzare i compiti ripetitivi. Grazie all’intelligenza artificiale, possono svolgere i loro compiti in modo preciso, ad esempio annaffiando e fertilizzando solo le piante che ne hanno bisogno e utilizzando solo la quantità di acqua o fertilizzante necessaria, in modo da non sprecare risorse. Inoltre sempre più aziende si stanno orientando su servizi che permettono di prendere gli agribot in prestito attraverso il modello Farming as a Service (FaaS).
Indubbiamente al momento la prima sfida dell’agricoltura europea è il salvataggio dalla crisi economica innescata da Covid-19, la più grave in tempo di pace fin dai tempi della Grande Depressione del 1929. Terminata questa fase si potrà finalmente tornare a pensare all’innovazione e come potete vedere qui, il futuro degli agribot è decisamente più concreto di quanto l’articolo della MIT Technology Review possa fare pensare.