L’editing genetico arriva in Commissione Agricoltura della Camera assieme alle ennesime e infondate critiche

Nei giorni scorsi il ministro dell’agricoltura francese Julien Denormandie ha espresso il proprio sostegno alle metodiche di genome editing, sottolineando le differenze tra questi metodi di manipolazione genetica di precisione e gli approcci sperimentali seguiti per produrre gli OGM utilizzati a metà degli anni ’80 del secolo scorso.

Negli stessi giorni Fabio Rolfi, assessore all’agricoltura, all’alimentazione e ai sistemi verdi della Regione Lombardia, si è dichiarato a favore delle new breeding techniques (NBT) identificandole come necessarie per “dare una mano alle colture, rendendole più produttive e resistenti” perché “la sostenibilità in agricoltura non si ottiene con l’ideologia, ma con il pragmatismo e l’innovazione. La ricerca scientifica ha fatto passi da gigante in ambito genetico. Confondere le ‘New Breeding Techniques’ con gli Ogm, come fanno alcune sigle ambientaliste, significa volere generare confusione attraverso scorciatoie ideologiche”.

Effettivamente in queste settimane, causa il fatto che finalmente anche il governo italiano arriverà a prendere posizione in merito alle NBT, il tema delle manipolazioni genetiche di precisione è tornato oggetto di ricorrenti discussioni. Alcune associazioni (tra cui Slowfood, WWF, Federbio e Legambiente) hanno immediatamente dichiarato che le NBT sono una minaccia per il made in Italy: “vini di qualità, produzione biologica, prodotti dei territori, varietà locali e tradizionali potranno essere contaminate da prodotti ottenuti con le nuove tecniche di genome editing (Nbt) che non saranno etichettati come Ogm e quindi saranno irriconoscibili per i consumatori».

È un vero peccato osservare che non si riesce (o non si vuole) capire da un lato il modo in cui funzionano queste metodiche e dall’altro la necessità che abbiamo di queste metodiche. Nei fatti le metodiche NBT facilitano i processi di adattamento introducendo mutazioni assimilabili a mutazioni spontanee o a tratti di DNA che sarebbero potuti derivare da incroci tra varietà della stessa specie o tra specie sessualmente compatibili. Per questo motivo questi due approcci vengono anche definiti come Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) in quanto introducono cambiamenti genetici mirati e sostanzialmente permettono un’evoluzione guidata.

Prendiamo, ad esempio il grano: realizzare nuove varietà di grano è complesso e costoso, perché comporta lavorare con genomi grandi e complessi. Il grano tenero ha un genoma che è circa 5 volte più grande di quello umano e possiede oltre 100.000 geni, mentre quello del grano duro è 4 volte il genoma umano con oltre 66.000 geni. Inoltre, molti dei caratteri che sono oggetto di selezione sono controllati da più geni, per cui fare una nuova varietà (ad esempio facendo una ibridazione e poi la selezione dei geni di interesse) richiede un approccio definito QTL che necessità di molto tempo, competenze avanzante e molte risorse economiche. La conseguenza è che non tutte le aziende sementiere sono in grado di utilizzare i tanti dati genetici disponibili.

Al contrario, ricorrendo alla cisgenesi e all’editing possiamo ottenere risultati utili in tempi decisamente brevi e con costi molto ridotti. Ad esempio, un articolo da poco pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology da parte del gruppo di ricerca coordinato dal genetista Michael Ayliffe riporta che l’inserimento di un set di 5 geni, accuratamente inseriti l’uno accanto all’altro, rende il grano resistente alla ruggine lineare.

Questa pubblicazione non ha sfruttato le metodiche di editing genico, ma un sistema classico basato sulla trasformazione mediata dal batterio Agrobacterium tumefacies, ma è una chiara dimostrazione di come possiamo procedere in termini di geni da usare e di come possiamo ottimizzare l’organizzazione dei geni da inserire (qui una articolo di Alessandra Apicella che racconta quanto fatto).

Sebbene non sia chiaro a molte associazioni ambientaliste, l’agricoltura biologica (che vieta esplicitamente il ricorso a piante GM) potrebbe essere la forma di agricoltura che avrebbe più vantaggi dall’adottare queste nuove forme di ingegneria genetica.  Combinando genome editing e cisgenesi possiamo infatti disegnare in laboratorio le varietà che ci servono andando a rispondere alle specifiche necessità di ogni varietà su scala locale. Non ci troviamo quindi banalmente difronte a nuovi OGM, ma ad un modo differente di immaginare e costruire le piante del futuro.

Un ultimo elemento di perplessità è invece politico, perché è veramente sconcertante vedere che questa fase così delicata per l’agricoltura italiana sarà discussa senza un ministro per l’agricoltura, date le dimissioni della Ministra Bellanova. Anziché disquisire di arrocchi politici, potevamo investire il tempo per discutere di questi aspetti che sono sicuramente più interessanti dei barbapapà citati alla Camera.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. pregiuliano ha detto:

    Grazie, condivido tutto, anche le virgole.

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  2. Mauro Mandrioli ha detto:

    Ogni volta che penso che in questo momento non c’è un ministro per l’agricoltura.. argrrr

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