Cibo sovrano. Le guerre alimentari dopo la pandemia

Oggi ho seguito in streaming (qui la registrazione) la presentazione del libro “Cibo sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus” scritto da Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali dal 2014 al 2018 ed ex parlamentare italiano, attualmente vicedirettore generale aggiunto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura. La presentazione è stata guidata da Andrea Segrè, professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna.

«Si può rischiare una crisi alimentare mondiale anche con raccolti abbondanti e grandi riserve a disposizione? La risposta è sì. In un mondo pieno di cibo, gli affamati rischiano di aumentare.»

Quando parliamo di agricoltura e di produzione di cibo sempre più spesso si ribadisce l’importanza dell’autosufficienza nazionale, di una sorta di autarchia che nei fatti è difficilmente praticabile. Dall’altro lato, però, la globalizzazione del cibo è causa di profonde disuguaglianze legate al modo in cui funziona il mercato, oltre che di danno all’ambiente. La strategia vincente per trovare un nuovo equilibrio (sia di mercato che ambientale), sostiene Martina, è acquisire consapevolezza dell’importanza della sovranità alimentare dei popoli, della necessità ormai improrogabile di una svolta ecologica dello sviluppo, del salto di qualità indispensabile per un sistema di regole più forti per il commercio globale, in grado di superare una volta per tutte gli errori e le storture del passato.

Non ho ancora letto il libro, però trovo molto interessante l’attenzione che Martina pone al modo in cui funziona il mercato agroalimentare globale, perché in molte nazioni sono in atto progetti di riorganizzazione delle produzioni per rendere l’agricoltura non solo maggiormente produttiva, ma anche più competitiva nel mercato globale. Quali scelte verranno fatte in Italia per assicurare ai nostri agricoltori la possibilità di essere competitivi anche nel futuro? Quali regole e scenari futuri?

“E’ bene discutere di sovranità alimentare, da non confondere con il sovranismo alimentare (..). Serve costruire una piena cittadinanza alimentare delle persone e delle comunità non omologandole, ma esaltandone la diversità in una dinamica aperta alle diversità. Sovranità alimentare non è isolamento, né autarchia. (…) La vera sfida è costruire una globalizzazione più umana, più a misura di uomo, dove anche il tema della relazione tra i diversi sistemi alimentari mondiali si riconfigura verso nuovi sistemi: regole forti, per mercati giusti”.

In più occasioni Martina ha fatto riferimento alla sostenibilità non solo ambientale delle produzioni alimentari e all’equità dei mercati: i prezzi dei beni agricoli essenziali sono in aumento da otto mesi ad oggi, in controtendenza alle difficoltà dell’economia globale. Gli agricoltori però hanno goduto solo marginalmente degli effetti positivi delle quotazioni sui mercati internazionali. Questo tema dovrebbe essere centrale, perché anche i beni agricoli sono oggi oggetto di speculazione, per cui la tenuta del settore agricolo italiano deriva (e deriverà sempre più) dalle scelte che sapremo fare in termini di politica economica in agricoltura .

Martina ha anche toccato, seppure in modo celere, il tema del rapporto tra tradizione e innovazione ribadendo il fatto che non sono vie alternative e che solo in poche nazioni (tra cui l’Italia) appaiono come due mondi lontani l’uno dall’altro, dimenticando che l’innovazione di oggi sarà la tradizione di domani.

“La tradizione è un’innovazione ben riuscita”.

(Oscar Wilde, L’importanza di chiamarsi Ernesto)

Interessante anche il riferimento di Martina all’utilizzo del cibo tradizionale come elemento per costruire consenso politico, come metafora di identità che giustifica lo scontro “gastrosovranista”. Usare il cibo come elemento, ti porta letteralmente a tavola con chi ti ascolta perché il cibo è un potente aggregatore sociale. Come scriveva Massimo Montanari in un articoli pubblicato lo scorso anno sulla rivista Left: “il cibo è un oggetto di tale densità emotiva che ogni discorso sul cibo finisce per essere anche un discorso politico, che riflette il modo di immaginare il mondo, la società, il rapporto con gli altri. Un discorso politico nel senso della polis, la comunità civile, e delle regole di convivenza che vi si stabiliscono”. Se però guardassimo bene cosa succede in Italia, vedremmo facilmente le tante identità in cui l’agricoltura italiana si concretizza, per cui in realtà è proprio il cibo e la sua storia a mostrarci che le identità alimentari sono in realtà identità aperte in continua mutazione.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. pregiuliano ha detto:

    Ma quando Martina ha fatto riferimento alla sostenibilità non ha fatto nessun accenno alle TEA, vero?

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  2. Mauro Mandrioli ha detto:

    No, però il focus del suo libro è più che altro legato alla politica economica dell’agricoltura e del settore primario in genere che non agli strumenti

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  3. pregiuliano ha detto:

    Grazie.

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