Durante le vacanze ho avuto modo di leggere “Cibo. Una storia globale dalle origini al futuro“, libro che il politologo ed economista, esperto di storia, futurologo, banchiere e direttore d’orchestra Jacques Attali ha scritto per illustrare la propria idea di cibo tra storia e futuro.
<Che cosa significa mangiare?> si chiede Attali e per rispondere propone ai lettori un vero e proprio viaggio che parte dall’alimentazione dei nostri antenati per arrivare ai giorni nostri, andando ad analizzare anche il significato che l’alimentazione ha avuto come elemento di aggregazione ed evoluzione delle società umane (in cui cibo, linguaggio e scrittura si sono evoluti all’unisono). Infatti “per millenni il cibo ha stabilito le regole della conversazione e le strutture delle relazioni sociali. (…) E’ durante i pasti che si sono gettate le basi di imperi, regni, nazioni, aziende e famiglie”. Mangiare sempre o comunque in solitudine (e spesso in modo frettoloso) è una delle tendenze future, ma secondo Attali sarà un disastro per la salute e per la qualità della vita.
Jacques Attali è un autore eclettico ed è interessante l’idea generale del libro secondo cui “senza una conoscenza scientifica e dettagliata del passato non è possibile alcuna teoria del presente né previsione del futuro”. L’idea non è certamente originale, nel senso che tanti altri Autori si sono confrontati con una impostazione di questo tipo, ma nel complesso “Cibo” è sicuramente una lettura interessante. In particolare è attuale l’invito a ricostruire il nostro rapporto con il cibo dedicando a ciò che mangiamo più tempo per cucinare, per scegliere gli ingredienti e per goderci i tanti sapori che ogni giorno abbiamo a disposizione. Per altro mangiare è anche un atto politico, oltre che ambientale, cosa volete di più!
Sebbene la prima parte del libro non sia particolarmente brillante, è interessante vedere come l’alimentazione sia da sempre una occasione in cui l’uomo si nutre e contemporaneamente si confronta con gli altri. Cibo e tavola sono quindi strumenti per definire l’identità dei gruppi umani, tanto che le abitudini alimentari diventano talvolta un modo per distinguere noi dagli altri. E’ curioso però osservare che le tradizioni alimentari tipiche di ciascuna società si fondano in realtà su ingredienti che derivano da tutto il mondo. Il Liber de Coquina, probabilmente il primo grande ricettario europeo, mostra come già nel 1300 la cucina europea avesse introdotto ingredienti e ricette arrivate da altre culture ed in particolare sia ben presente una influenza araba. Influenza che è ancora ben evidente nel primo libro di cucina stampato, Le Vivandier del 1486, mentre nei secoli successivi la cucina è diventata letteralmente globale, grazie all’arrivo di nuove spezie, té, caffè, cioccolato, patate e mais.
Arriviamo poi all’alimentazione di inizio ‘900 ed è interessante notare la povertà della dieta (sia in termini di quantità che di varietà) della maggior parte delle persone anche in Europa. Non più di 100 anni fa il “buon cibo” era una prerogativa borghese e così è stato sino alla rivoluzione verde che ha permesso a tutti di poter disporre di cibo in quantità più che ottimali e a prezzi accessibili.
L’invito di Attali è a recuperare l’educazione alimentare, l’attenzione alla scelta degli alimenti e la volontà di riappropriarsi del momento dei pasti anche come occasione di dialogo (in particolare nelle famiglie). Attali propone una critica fortissima al cibo industriale, in cui immancabilmente finisce la critica agli OGM come causa di declino della qualità alimentare… a dispetto del fatto che in realtà in Europa non ci siano OGM ad uso alimentare umano.
“Cibo” di Attali non si propone di essere una analisi dettagliata, quanto una guida ai lettori che vogliano iniziare a documentarsi sulla storia di ciò che quotidianamente mettiamo in tavola. Nei giorni scorsi il titolare di un ristorante mi diceva che nei ristoranti nessuno cerca più la figura del sommelier, quanto quella dell’enologo perchè serve raccontare come e dove un vino è stato prodotto. Nella ristorazione a quanto pare si vende meglio la storia di un vino che il suo bouquet.
Attali suggerisce che solo italiani e francesi stiano difendendo la propria abitudine al buon cibo… speriamo che sia realmente così perché talvolta ho l’impressione che si voglia acquistare una storia (non importa quanto reale) perché questo gratifica la nostra mente, tanto quanto il nostro palato.
Volendo fare un riassunto del libro di Attali, penso che questa citazione possa spiegare pienamente il senso del libro: “Nella codificazione della scrittura egizia, realizzata dall’egittologo britannico Gardiner, il geroglifico A2, raffigurante un uomo seduto con la mano alla bocca, può significare mangiare, bere, parlare, tacere, pensare, amare e odiare a seconda della disposizione dei geroglifici adiacenti: impossibile essere più espliciti di così”.